Daniela Tobar, qualche anno fa, viveva in una casa di vetro.
Io, ora, vivo in una casa dalle grandi finestre limpide, senza tende.
Emulando inconsciamente Daniela, mi trovo a passeggiare per casa senza badare a chi passeggia fuori.
E sabato mattina, uscito dalla doccia, una vicina di casa mi ha visto.
E' stato tutto un fermo immagine. Io un piede sul tappetino e uno nella doccia, i capelli lisci bagnati, occhi chiusi e gocce che scivolavano e cadevano e splash. Lei, la signora, tra un passo e l'altro sul marciapiede, sacchetto Bennet della spesa, guardava per terra e sorrideva, con quello sguardo che nasce ricordando l'ingenua battuta di un bambino e che muore appena compare un uomo nudo.
E lì ha appunto visto l'uomo nudo, che è un po' come l'uomo nero, solo che non fa paura.
Dissimulando, dissidente dalla consapevolezza del momento, sono uscito dal bagno, schiena alle finestre. E le gocce ancora cadevano "cazzo, poi devo pulire" ma non fa niente. Sono rimasto in anticamera a guardare nel vuoto muro bianco niente assorto nulla chissà profondo penso.
Mi avrà visto?
Non mi avrà visto?
E poi torna l'idea cilena di Daniela. Che voto d'importanza diamo la privacy italiana del 2000? Lo sto chiedendo qui, vestito, dall'ufficio.
Su, su, alzate le palette, fatemi vedere.