Io non sono niente

Recentemente ho discusso tanto. L'ho fatto in gmail con seguaci di Travaglio, ma anche su blog di anticomunisti per cercare di capire la loro posizione. Ho transitato su siti di fascisti che non si definiscono fascisti, ma si firmano "dux". Ho letto feroci critiche verso triangoli isosceli, ma nessuna frase in merito agli scaleni.
A poco sono valse le mie piccole idee per cui tutti quanti hanno comunque tre angoli e tre lati (questa è criptica).

E che dire delle liti!
Liti tanto sottili quanto fragorose, come enormi bacchette di shangai che cadono dal cielo e, spesso ignorate da chi sta sulla superficie terrestre, finiscono dritte dritte in una fossa delle marianne. E puff, spariscono in una nuvoletta stile Wile Coyote.
Insomma, dopo tutte queste discussioni, le mie idee non sono cambiate troppo, eppure mi sento più vuoto. Ci rifletto su e questa enorme mole di opinioni la sento come un peso.
O forse non è corretto, forse sono io che sento una torreggiante voglia di svuotarmi, smetterla di gridare, ammettere che "io non so niente", sorridendo a tutte le dichiarazioni analoghe alle mie, che si professano esenti da dubbi.
So che non è possibile essere così certi di qualcosa, in ogni momento, in ogni situazione.
Mi sento un po' Battiato quando dico "Quanti assolutismi nei cassetti di cucina".

Qualcuno, vi prego, dica "non lo so", oppure "effettivamente un dubbio mi è venuto". Riguardo qualsiasi cosa, vi prego, perchè ho letto troppe parole ad ogni lato del triangolo e tutte vogliono avere ragione, persino le mie. Dov'è la benedetta indecisione? Dove stanno l'autocritica o le ammissioni di ignoranza? Perchè tanti di noi fanno così fatica ad ammettere uno sbaglio?
Cazzo, tutto ciò mi ricorda Fonzie, quando doveva chiedere sc... quando doveva chiedere scu... scus.... Vabbè, non fatemelo dire, ci siamo capiti.

A volte vorrei essere un monaco zen. O anche solo un monaco. O forse solo zen. O nulla.

L'antico immigrato tipico

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.

Dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.

Tra i due fuochi della lega e del resto d'Italia

PREMESSA
Il ministro Scajola ha autorizzato trivellazioni a scopo petrolifero nel Parco del Curone, a Montevecchia, in provincia di Lecco. La notizia ha smosso molti sindaci locali con amministrazioni al seguito, assessori e anche funzionari di governo. Si sono creati gruppi su facebook, blog e altro.

Ora anche io sono frustrato e arrabbiato, ma non (solo) a causa della possibilità che si vada a trivellare in un Parco protetto.
Mi è capitato di leggere questo articolo dal sito del Corriere Della Sera:
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_13/petrolio_parco_curone_b0901c7a-3fc7-11de-bc3f-00144f02aabc.shtml
Inizialmente mi sono piacevolmente sorpreso di leggere i nostri "piccoli" affari su un sito di caratura nazionale. Poi, dall'articolo sono scivolato giù ai commenti e il piacere è velocemente marcito in frustrazione.
Cito alcune frasi:

"La vera notizia è apprendere che c'è ancora erba in Brianza. Infatti si pensave che fosse già stata tutta trasformata in capannoni e parcheggi."


"Metti anche un paio di centrali nucleari,una ad arcore,cosi imparano a votare lega e pdl."


"Pan per focaccia? Che "tremi" pure la terra padana, sempre pronta a dire SI! quando gli scempi sono a casa degli altri"


Da brianzolo sono frustrato perchè ogni volta che incontro qualcuno che proviene da una regione più a sud dell'Emilia mi sento chiedere, con sopracciglia corrugate, se sono leghista.
Mi sento chiedere "ma è vero che ci chiamate terroni?".
Mi sento dire "da voi sono tutti razzisti?".
Sono veramente STANCO. Stanco di dovere vivere in una terra inquinata da intolleranza, da gente che cerca di alzarsi sopra tutti mettendosi in punta di piedi sul proprio senso di superiorità. Stanco di sentirmi additare come un "padano" dalla camicia verde. Non ho nessuna camicia verde, nè sono un padano militante, nè simpatizzo per tale fazione politica. Anzi.
Ma sono anche stanco di leggere commenti di gente talmente ignorante da credere ancora nella soluzione "pan per focaccia", "dente per dente", "ora tocca a voi". Sono tutti ragionamenti da curva nord, buoni solo per squadroni di tifosi con il prurito alle mani e il solletico al cervello.
Quando arriveremo a capire, da nord a sud, che fare di tutta l'erba un fascio è una stupidaggine enorme e vuota quanto un oceano senz'acqua? Quando la smetteremo di vivere per ridicoli luoghi comuni "al sud non si lavora", "in padania c'è solo cemento e sono tutti razzisti"?
Mi rifiuto di pensare "ce lo meritiamo". Io non sono MAI stato razzista nè mai mi sono azzardato nemmeno a pensare che ci possano essere popolazioni inferiori e superiori. E non mi sono MAI nemmeno fermato a tentennare in un assurdo sentimento affine alla "sorte che si vendica" nè verso il sud, nè verso l'ovest o l'est o il nord o sopra o sotto o dove pare a voi. E come me PARECCHI altri che vivono in Brianza, nati sia qui che altrove.
Vivo ancora nella flebile speranza di contare, un giorno, più ragionamenti di buon senso e unità, ma per ora mi sembra che la montagna di escrementi sia più voluminosa delle fogne che potrebbero contenerla.
La mia, purtroppo lo so, è una delusione nazionale.

L'aragosta arancio forse non era proprio arancio

Chiedo silenzio alla platea di birilli. Per favore, non dondolatevela. Fermi così, non c'è nessuna palla con tre buchi a scrutarvi nel buio.
Rilassatevi. Siete qui per ascoltare la mia infanzia e osservare la mia adolescenza.
Sgabello, mi siedo, alzo il microfono e comincio.

Premessa e condizione necessaria: naqui.
Poi crebbi un po' e passai a piedi sopra un'infanzia carica di mezze e piene stagioni. C'era la grandine e la nebbia, ma anche la pioggerellina e gli arcobaleni. Qualche bar aveva ancora il JukeBox. Da da da la canson del campion. Andavo all'asilo e avevo la bavaglia con il simbolo del cucchiaio. Il mio pesce rosso si chiamava Cipì, mangiava mosche e soffriva di crisi di identità razziale. La mia macchinina preferita invece era il Generale Lì (capitemi, non conoscevo l'inglese). Tutto sommato ricordo solo due momenti drammatici:

PRIMO MOMENTO DRAMMATICO
Un pomeriggio di una stagione e tre quarti scorsi, fuori dalla finestra del quarto piano, un'aragosta di gomma arancio che volava come un colibrì. Corsi a dirlo a mia nonna, ma lei non mi credette. Poi mi diede pane e nutella e dimenticai per qualche giorno, ma la terrificante immagine dell'aragosta di gomma me la porterò fino alla tomba urlando "Crostaceo! Ahhh! Crostaceo!".

SECONDO MOMENTO DRAMMATICO
Mia nonna, sempre lei, mi servì sul piatto la parabola di quel bambino che, all'asilo, si chiuse il pisello nella lampo dei pantaloni. Il tutto condito da una morale: fai sempre pipì accompagnato che non si sa mai e vedi di tenerlo al sicuro che ti servirà. Mangiai con calma la storia, ma le parole mi rimasero sullo stomaco per i giorni a venire.

Il resto fu tutto boschi e capanne, vetroresina e maiali, funghi all'inchiostro e pecore a testate. Voi non capirete, io sì. Fa nulla.
Ed eccoci qua. L'adolescenza.

Se ripenso al tunnel post adolescenziale, collego tutto quanto dall'aragosta alla discesa in campo di berlusconi, riesco a dipingermi a china un quadro completo un po' bianco e un po' nero e un po' grigio, là dove ho sbavato con la mano. Ed è facile paragonare la mia invisibile adolescenza come il medioevo della mia storia personale. E' stato un po' buio, indeciso, costellato di mesi isolati che si facevano guerra tra loro. Dentro di me crescevano vassalli e valvassori e non sapevo più a chi far governare gli appezzamenti del cuore e a chi il latifondo del cervello.
Esattamente come il medioevo, qualche volta mi piace ripensare alla mia storia inserendo a forza un paio di "e se..." e qualche "ma...". Sono tutte ipotesi e personaggi fantastici, creature che non ho mai incotrato ma che, da testimonianze amanuensi riportate dagli instancabil monaci dell'ordine dei Cicciolini, porca vacca, ero sicuro che esistevano. Eccome.
Insomma, riassunto: qualche volta mi piace ricordare il mio medioevo come un fantasy.
Ma di magie non ce ne furono molte. E vi dirò, non ricordo nemmeno di avere scoperto l'America, nemmeno per sbaglio. Non ho circumnavigato un cazzo, nè ho mai scoperto l'aratro a vomere dissimmetrico e a versoio.
Ho semplicemente lasciato che passasse.
Poi è cambiato tutto.
Poi rinascimento.
Poi olè, fiiiii fiiii, spatash.

E oggi, che tornavo dal lavoro gridando "e il cielo è sempre più blu". Mi sono accorto che non mi ricordo bene i colori. A parte l'aragosta, d'accordo.
Il grembiule che slacciavo sempre a mia nonna era arancio e verde smorto?
La pioggia era così grigia?
Vestivo davvero di nero, con scarpe da tennis bianche?
Mi restano questi dubbi, lì a mazzi, in mezzo a campi di certezze. E' un po' come sognare, che non sai mai se hai veramente sentito le parole di quella ragazza, e se la torre che hai scalato era viola o trasparente.
Rivoglio i miei colori, cari i miei birilli. Me li avete rubati voi mentre parlavo? No? Sicuri? Potrei chiamare sul palco la palla con tre buchi che vi scruta nel buio, attenti.