Politica Polka: come gettare acqua distillata sui fuochi radioattivi

Ho deciso di essere tra i primi ad alleggerire la nube nera e i fuochi politici che promettono di bruciare i buoni e i cattivi, perciò ho dedicato un'intera ora a produrre la seguente allegra filastrocca.
Mi raccomando, seguite anche le istruzioni per ballarla come si deve.
Alè, si parte.

[cominciare saltellando come un hobbit davanti alla latrina occupata]

Prima o poi mi troverò in cabina
con matita e scheda elettorale,
in bocca un sapore di china
in testa pensieri a temporale.
Mi morderò il labbro dall'indecisione
e tra le mani mi rigirerò
una matita in costante accelerazione
sopra partiti di cui mi pentirò.

[fermarsi a mezz'aria... e... riprendere i saltelli da pony ingroppato]

Se votassi PDL, potrei finire con le stampelle;
una croce sopra Bersani e con qualcuno verrei alle mani;
tifassi invece per Di Pietro, ecco una fossa metro per metro;
se preferissi mr. Casini, salterebbero tutti i dentini;
e se scegliessi questa Lega, giù la lanciarmi una cadrega.

[in crescendo, trasformare il balletto folk fantasy in mistico classico russo]

E allora voterò tutti, simboli belli, simboli brutti
cuore e culo per ciascuno, ringhi d'odio per nessuno;
e allora vi amerò tutti, neri, verdi, bianchi, rossi
un sorriso fisso in volto, a nessuno il voto avrò tolto.

[morti tutti i ballerini, il pubblico cade in depre, rallentare il tempo]

Uscirò dall'aula lasciandomi alle spalle
un voto, un'urna e una scheda piegata,
convinto di aver fatto contenti tutti,
con una scheda invalidata.

Fin

Guida alla chiacchierata politica con Eman.

E' da un po' che desidero mettere per iscritto un po' di riflessoni verso cui indirizzare chi "criticherà le mie critiche" sull'operato del governo. Invece di diventare troppo discorsivo, ho deciso di scrivere un bell'elenco per punti, mettendoci anche un po' di umorismo, che mi piace assai. Perciò, chiunque voglia affrontare un'amichevole discussione politica con me, può cominciare partendo dalla lettura delle seguenti:

- Se critico Berlusconi, non sono invidioso. Se mi sputate contro "è tutta invidia", la discussione comincia a rotolare per le scale insieme alle mie palle. Invidierei più volentieri il signor Ferrero che è molto più amato (non si può odiare il padre della Nutella, eh).

- Non mi interessano le peregrinazioni dell'anguilla del Berlu, tantomeno desidero svelare il grande mistero di un'eventuale sua impotenza: per quello ci sono Voyager e Giacobbo. Le questioni di cui mi piace parlare e che ritengo più importanti, sono ben ben ben altre.

- Se siete di centrodestra e mi dite "tanto abbiamo vinto noi, gnè gnè gnè" torno a prendere le palle in fondo alle scale, me le riattacco, e le lascio ricadere. "Il governo e mio, faccio quello che voglio io" è un ragionamento da asilo o no? E se non siete d'accordo porto la giustificazione firmata dalla mamma.

- Se critico Berlusconi non significa che sono un bastardo comunista che mangia i bambini nel tempo libero e si affila i denti la notte usando un falcetto. Berlusconi non mi piace, nè mi piace la maggior parte dell'operato del suo attuale governo, punto. Non sono un "fan" di sinistra, di destra, di centro: ragiono con la mia testa e critico chi mi pare e, visto che al momento al governo c'è lui e fa cose che non mi piacciono... che devo fare? Non posso dire la mia? C'è libertà di parola, no?

- Senza autocritica si finisce solo con lo sbattere le teste al muro. Cerco sempre di impegnarmi ad ammettere sbagli quando non so qualcosa, quando prendo cantonate, quando un personaggio politico che mi piace fa una cazzata. Parlandosi e autocriticandosi, si cresce insieme.

That's all folks.

Ritorno al mondo nuovo

[...] il propagandista deve fare suo "un atteggiamento sistematicamente unilaterale, rispetto ad ogni problema che si affronti". Non deve ammettere di potersi sbagliare, o che possa avere in parte ragione chi non la pensa come lui. Con gli avversari non si discute; si grida, si aggredisce, e se danno troppo fastidio, si liquidano.
L'intellettuale, che moralmente è schizzinoso, si turberà a sentire queste cose. Ma le masse son perfettamente convinte che "il diritto sta dalla parte dell'aggressore".

Aldous Huxley, "Ritorno al mondo nuovo", 1958.

Io non sono niente

Recentemente ho discusso tanto. L'ho fatto in gmail con seguaci di Travaglio, ma anche su blog di anticomunisti per cercare di capire la loro posizione. Ho transitato su siti di fascisti che non si definiscono fascisti, ma si firmano "dux". Ho letto feroci critiche verso triangoli isosceli, ma nessuna frase in merito agli scaleni.
A poco sono valse le mie piccole idee per cui tutti quanti hanno comunque tre angoli e tre lati (questa è criptica).

E che dire delle liti!
Liti tanto sottili quanto fragorose, come enormi bacchette di shangai che cadono dal cielo e, spesso ignorate da chi sta sulla superficie terrestre, finiscono dritte dritte in una fossa delle marianne. E puff, spariscono in una nuvoletta stile Wile Coyote.
Insomma, dopo tutte queste discussioni, le mie idee non sono cambiate troppo, eppure mi sento più vuoto. Ci rifletto su e questa enorme mole di opinioni la sento come un peso.
O forse non è corretto, forse sono io che sento una torreggiante voglia di svuotarmi, smetterla di gridare, ammettere che "io non so niente", sorridendo a tutte le dichiarazioni analoghe alle mie, che si professano esenti da dubbi.
So che non è possibile essere così certi di qualcosa, in ogni momento, in ogni situazione.
Mi sento un po' Battiato quando dico "Quanti assolutismi nei cassetti di cucina".

Qualcuno, vi prego, dica "non lo so", oppure "effettivamente un dubbio mi è venuto". Riguardo qualsiasi cosa, vi prego, perchè ho letto troppe parole ad ogni lato del triangolo e tutte vogliono avere ragione, persino le mie. Dov'è la benedetta indecisione? Dove stanno l'autocritica o le ammissioni di ignoranza? Perchè tanti di noi fanno così fatica ad ammettere uno sbaglio?
Cazzo, tutto ciò mi ricorda Fonzie, quando doveva chiedere sc... quando doveva chiedere scu... scus.... Vabbè, non fatemelo dire, ci siamo capiti.

A volte vorrei essere un monaco zen. O anche solo un monaco. O forse solo zen. O nulla.

L'antico immigrato tipico

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.

Dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.

Tra i due fuochi della lega e del resto d'Italia

PREMESSA
Il ministro Scajola ha autorizzato trivellazioni a scopo petrolifero nel Parco del Curone, a Montevecchia, in provincia di Lecco. La notizia ha smosso molti sindaci locali con amministrazioni al seguito, assessori e anche funzionari di governo. Si sono creati gruppi su facebook, blog e altro.

Ora anche io sono frustrato e arrabbiato, ma non (solo) a causa della possibilità che si vada a trivellare in un Parco protetto.
Mi è capitato di leggere questo articolo dal sito del Corriere Della Sera:
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_13/petrolio_parco_curone_b0901c7a-3fc7-11de-bc3f-00144f02aabc.shtml
Inizialmente mi sono piacevolmente sorpreso di leggere i nostri "piccoli" affari su un sito di caratura nazionale. Poi, dall'articolo sono scivolato giù ai commenti e il piacere è velocemente marcito in frustrazione.
Cito alcune frasi:

"La vera notizia è apprendere che c'è ancora erba in Brianza. Infatti si pensave che fosse già stata tutta trasformata in capannoni e parcheggi."


"Metti anche un paio di centrali nucleari,una ad arcore,cosi imparano a votare lega e pdl."


"Pan per focaccia? Che "tremi" pure la terra padana, sempre pronta a dire SI! quando gli scempi sono a casa degli altri"


Da brianzolo sono frustrato perchè ogni volta che incontro qualcuno che proviene da una regione più a sud dell'Emilia mi sento chiedere, con sopracciglia corrugate, se sono leghista.
Mi sento chiedere "ma è vero che ci chiamate terroni?".
Mi sento dire "da voi sono tutti razzisti?".
Sono veramente STANCO. Stanco di dovere vivere in una terra inquinata da intolleranza, da gente che cerca di alzarsi sopra tutti mettendosi in punta di piedi sul proprio senso di superiorità. Stanco di sentirmi additare come un "padano" dalla camicia verde. Non ho nessuna camicia verde, nè sono un padano militante, nè simpatizzo per tale fazione politica. Anzi.
Ma sono anche stanco di leggere commenti di gente talmente ignorante da credere ancora nella soluzione "pan per focaccia", "dente per dente", "ora tocca a voi". Sono tutti ragionamenti da curva nord, buoni solo per squadroni di tifosi con il prurito alle mani e il solletico al cervello.
Quando arriveremo a capire, da nord a sud, che fare di tutta l'erba un fascio è una stupidaggine enorme e vuota quanto un oceano senz'acqua? Quando la smetteremo di vivere per ridicoli luoghi comuni "al sud non si lavora", "in padania c'è solo cemento e sono tutti razzisti"?
Mi rifiuto di pensare "ce lo meritiamo". Io non sono MAI stato razzista nè mai mi sono azzardato nemmeno a pensare che ci possano essere popolazioni inferiori e superiori. E non mi sono MAI nemmeno fermato a tentennare in un assurdo sentimento affine alla "sorte che si vendica" nè verso il sud, nè verso l'ovest o l'est o il nord o sopra o sotto o dove pare a voi. E come me PARECCHI altri che vivono in Brianza, nati sia qui che altrove.
Vivo ancora nella flebile speranza di contare, un giorno, più ragionamenti di buon senso e unità, ma per ora mi sembra che la montagna di escrementi sia più voluminosa delle fogne che potrebbero contenerla.
La mia, purtroppo lo so, è una delusione nazionale.

L'aragosta arancio forse non era proprio arancio

Chiedo silenzio alla platea di birilli. Per favore, non dondolatevela. Fermi così, non c'è nessuna palla con tre buchi a scrutarvi nel buio.
Rilassatevi. Siete qui per ascoltare la mia infanzia e osservare la mia adolescenza.
Sgabello, mi siedo, alzo il microfono e comincio.

Premessa e condizione necessaria: naqui.
Poi crebbi un po' e passai a piedi sopra un'infanzia carica di mezze e piene stagioni. C'era la grandine e la nebbia, ma anche la pioggerellina e gli arcobaleni. Qualche bar aveva ancora il JukeBox. Da da da la canson del campion. Andavo all'asilo e avevo la bavaglia con il simbolo del cucchiaio. Il mio pesce rosso si chiamava Cipì, mangiava mosche e soffriva di crisi di identità razziale. La mia macchinina preferita invece era il Generale Lì (capitemi, non conoscevo l'inglese). Tutto sommato ricordo solo due momenti drammatici:

PRIMO MOMENTO DRAMMATICO
Un pomeriggio di una stagione e tre quarti scorsi, fuori dalla finestra del quarto piano, un'aragosta di gomma arancio che volava come un colibrì. Corsi a dirlo a mia nonna, ma lei non mi credette. Poi mi diede pane e nutella e dimenticai per qualche giorno, ma la terrificante immagine dell'aragosta di gomma me la porterò fino alla tomba urlando "Crostaceo! Ahhh! Crostaceo!".

SECONDO MOMENTO DRAMMATICO
Mia nonna, sempre lei, mi servì sul piatto la parabola di quel bambino che, all'asilo, si chiuse il pisello nella lampo dei pantaloni. Il tutto condito da una morale: fai sempre pipì accompagnato che non si sa mai e vedi di tenerlo al sicuro che ti servirà. Mangiai con calma la storia, ma le parole mi rimasero sullo stomaco per i giorni a venire.

Il resto fu tutto boschi e capanne, vetroresina e maiali, funghi all'inchiostro e pecore a testate. Voi non capirete, io sì. Fa nulla.
Ed eccoci qua. L'adolescenza.

Se ripenso al tunnel post adolescenziale, collego tutto quanto dall'aragosta alla discesa in campo di berlusconi, riesco a dipingermi a china un quadro completo un po' bianco e un po' nero e un po' grigio, là dove ho sbavato con la mano. Ed è facile paragonare la mia invisibile adolescenza come il medioevo della mia storia personale. E' stato un po' buio, indeciso, costellato di mesi isolati che si facevano guerra tra loro. Dentro di me crescevano vassalli e valvassori e non sapevo più a chi far governare gli appezzamenti del cuore e a chi il latifondo del cervello.
Esattamente come il medioevo, qualche volta mi piace ripensare alla mia storia inserendo a forza un paio di "e se..." e qualche "ma...". Sono tutte ipotesi e personaggi fantastici, creature che non ho mai incotrato ma che, da testimonianze amanuensi riportate dagli instancabil monaci dell'ordine dei Cicciolini, porca vacca, ero sicuro che esistevano. Eccome.
Insomma, riassunto: qualche volta mi piace ricordare il mio medioevo come un fantasy.
Ma di magie non ce ne furono molte. E vi dirò, non ricordo nemmeno di avere scoperto l'America, nemmeno per sbaglio. Non ho circumnavigato un cazzo, nè ho mai scoperto l'aratro a vomere dissimmetrico e a versoio.
Ho semplicemente lasciato che passasse.
Poi è cambiato tutto.
Poi rinascimento.
Poi olè, fiiiii fiiii, spatash.

E oggi, che tornavo dal lavoro gridando "e il cielo è sempre più blu". Mi sono accorto che non mi ricordo bene i colori. A parte l'aragosta, d'accordo.
Il grembiule che slacciavo sempre a mia nonna era arancio e verde smorto?
La pioggia era così grigia?
Vestivo davvero di nero, con scarpe da tennis bianche?
Mi restano questi dubbi, lì a mazzi, in mezzo a campi di certezze. E' un po' come sognare, che non sai mai se hai veramente sentito le parole di quella ragazza, e se la torre che hai scalato era viola o trasparente.
Rivoglio i miei colori, cari i miei birilli. Me li avete rubati voi mentre parlavo? No? Sicuri? Potrei chiamare sul palco la palla con tre buchi che vi scruta nel buio, attenti.